Leuca ed i CAMPI U.N.R.R.A.
Tratto dal libro
"Leuca, scatti del passato"
a cura di Totò Vallo -
Francesco Vallo - Toni De Veglia
La fine del secondo conflitto mondiale non rappresentò la conclusione del dramma degli ebrei. In mezzo alle rovine della guerra, attorno agli ex campi di concentramento del Terzo Reich, nella Germania meridionale ed in Austria (Bergen Belsen-Mathausen), vagavano decine di migliaia di sopravvissuti allo sterminio nazista. Per affrontare tale emergenza umanitaria furono istituiti diversi campi profughi, sotto la sigla di «Displaced persons» DP (letteralmente «persone spiazzate»), da parte dell’U.N.R.R.A..
La United Nations Relief and Rehabilitation Administration fu costituita a Washington (U.S.A.) il 9 novembre 1943. Si trattava di un’organizzazione umanitaria internazionale, fondata con l'accordo di quarantaquattro paesi, allo scopo di fornire aiuto e assistenza immediata ai paesi più colpiti dalla guerra.
L'UNRRA cominci? a operare in Europa nel 1944 e si trovò impegnata in un’immensa e complessa opera di soccorso non appena le forze alleate iniziarono la liberazione dei paesi mediterranei e balcanici. L'azione dell'UNRRA si concentrò soprattutto nei Paesi europei (Polonia, Grecia, Albania, Italia) e in Cina.
Nel periodo più denso della sua attività l'UNRRA impiegò venticinquemila persone; dal 1944 al 1946 vennero spesi quattro miliardi e mezzo di dollari in aiuti, forniti per lo più dagli Stati Uniti d'America.
I programmi dell'UNRRA comprendevano soprattutto l'invio di generi di prima necessità : viveri, medicinali, vaccini e forniture mediche, la distribuzione di vestiario e l'assegnazione di sementi, concimi e macchinari per permettere la ripresa della produzione agricola, nonché di materie prime e beni strumentali per aiutare le industrie locali a riorganizzare la loro attività.
L'UNRRA cessò di esistere nel 1947; i progetti rimasti in sospeso vennero ereditati dall'Organizzazione internazionale per i rifugiati, dall'Organizzazione mondiale per la sanità e dal Fondo internazionale d'emergenza delle Nazioni Unite per l'infanzia (che diventerà in seguito il Fondo delle Nazioni unite per l'Infanzia - UNICEF).
La Puglia fu tra i primi territori italiani ad essere liberata dall’occupazione nazista, venne utilizzata dagli alleati, all’indomani dell’armistizio firmato dal capo del governo Badoglio, l’8 settembre del 1943, come punto strategico per tutte le operazioni connesse con i due fronti militari posti rispettivamente sull’Adriatico e sui Balcani.
Da questa fatidica data e ben oltre l’inizio dell’anno 1947, la Puglia divenne dimora protetta e dunque facile meta di profughi che giunsero dai campi di concentramento sparsi tra le regioni della Basilicata, Campania, Abruzzo, Molise e Lazio. Durante i primi tre anni di ostilità, tra il 1940 e il 1943, nelle regioni del Mezzogiorno, furono confinati migliaia di jugoslavi dai territori annessi e trasformati nelle nuove province italiane di Lubiana, Spalato e Cattaro o provenienti altresì dalle due vecchie province di frontiera Fiume e Gorizia, ritenuti “individui pericolosi per le contingenze belliche”.
Furono sistemati assieme ad avversari politici, antifascisti, ebrei, zingari, testimoni di Geova e pentecostali ma, ben presto, i primi luoghi allestiti per questa “momentanea” accoglienza, si rivelarono logisticamente insufficienti a dare ospitalità a questo fiume di persone, pertanto in molte località pìugliesi vennero presi in consegna, dalle autorità militari alleate, luoghi o edifici adibiti a “campi profughi”. A Manfredonia, ad esempio, l’ex mattatoio comunale divenne un campo d’accoglienza, cos? come accadde anche per l’ex colonia penale per gli antifascisti ed ex campo di concentramento, sin dalla guerra di Libia, delle Isole Tremiti; ad Alberobello venne requisita la masseria Gigante, a Pisticci e a Ferramonti Tarsia si scelsero colonie confinarie costruite dalla ditta Parrini e, nel nostro Salento, vennero preferite alcune tra le più incantevoli località delle costa, come Santa Maria al Bagno, Santa Cesarea Terme, Tricase e Santa Maria di Leuca.
Il flusso di fuggitivi stranieri soprattutto di origine ebraica, tra cui notevoli gruppi di scampati ai massacri perpetrati dai nazisti nei “campi della morte”, si fece più intenso tra il 1946 ed il 1947 e, sempre nel nostro territorio, per la loro accoglienza furono predisposti altri campi gestiti prima dall’UNRRA e poi dall’IRO, entrambe organizzazioni che provvedevano all’accoglienza e alla sistemazione di questi rifugiati.
Proprio in quel periodo, tra il 1943 ed il 1947, tantissimi profughi di nazionalità ebraica ma non solo, fecero il loro arrivo in condizioni misere e deplorevoli, occupando le bellissime case di villeggiatura che erano state “temporaneamente” sequestrate. Non si conosce il numero esatto dei profughi che calpestarono il suolo salentino ma si sa che furono migliaia, che hanno sempre considerato questa nostra terra, ricca e benevola e loro porto per la ritrovata libertà.
A riguardo, sono molteplici le commoventi testimonianze di sopravvissuti che sono ritornati in questi luoghi cari a ricordare le loro angosciose esperienze. Non bisogna, difatti, scordare l’impegno che profusero le nostre genti, anch’esse fiaccate dalla fame e dalla povertà che dilagava in quegli anni del dopoguerra, affinché questi poveri derelitti ricominciassero a condurre una vita normale e sicura.
A Lecce una direzione, locata nel palazzo del Banco di Roma, gestiva i campi di: Bagni (Santa Maria al Bagno), Santa Maria di Leuca, Santa Cesarea e Tricase, un magazzino a Maglie e un ospedale a Leuca.
Santa Maria di Leuca – CAMP 35
L'unico accampamento (ebreo e non-Ebreo) misto di DP in Italia fu localizzato nell’area del porto dedita ai lavori della pesca e nella stazione turistica di Santa Maria di Leuca, nelle campagne di Arnesano. Anche se la capacità dell'accampamento poteva contare un massimo di circa 1.800 persone, la popolazione super? naturalmente quel limite.
Nell’accampamento vi risiedevano circa 400 persone non ebree, mentre i rifugiati ebrei erano divisi per una metà in DP non affiliati e per l’altra metà in membri del “camp' kibbutzim”, principale comunità separata dei “kibbutz Aviv”.
La popolazione DPS viveva in ville requisite che erano normalmente le abitazioni residenziali estive dei salentini benestanti. Come l’accampamento di Santa Maria al Bagno anche quello di Leuca si è vantato di eccezionali troupe di teatro ed una scuola per bambini. Benchè la formazione professionale fosse criticata frequentemente per il ritardo rispetto agli altri accampamenti italiani di DP, la squadra di calcio del suddetto campo raggiunse una reputazione notevole e si poté fregiare del titolo di squadra più riuscita negli accampamenti italiani del sud.
album fotografico
Pubblicato il 25/01/2015