Teatro Koreja: il Premio Ubu Ascanio Celestini in scena con “la trilogia dei Poveri Cristi”

7-8-9 marzo 2025 Cantieri Teatrali Koreja - Lecce

A Koreja il Premio Ubu Ascanio Celestini

un cantastorie moderno tra poesia, memoria collettiva e riflessione politica

 

in scena Laika, Pueblo e Rumba

“la trilogia dei Poveri Cristi”

 

7-8-9 marzo 2025

Cantieri Teatrali Koreja - Lecce

                                        

                         

                 Di lui Edoardo Sanguineti ha scritto: “non si sa se piangere o ridere, ma non importa niente. In questa compresenza assoluta di comico e di tragico si ritrova incarnata la grande modalità tragica moderna”. Ascanio Celestini è una delle voci più significative del teatro di narrazione italiano, un artista che ha saputo trasformare il palcoscenico in uno spazio di denuncia sociale, memoria collettiva e riflessione politica. Il suo teatro è un intreccio di storie, spesso ispirate alla tradizione orale, in cui il racconto diventa un mezzo potente per dare voce agli ultimi, agli emarginati, a chi troppo spesso viene dimenticato.

 

Tra i tanti premi gli è stato consegnato due volte il premio Ubu, il Flaiano, il Dessì, Il premio Fiesole. Attraverso monologhi intensi e carichi di ironia, Celestini porta in scena l'Italia delle periferie, del lavoro precario, della Resistenza, delle lotte sociali. Le sue opere, come La pecora nera, Radio Clandestina o Discorsi alla nazione, non si limitano a raccontare la realtà, ma la interrogano, mettendo in discussione i meccanismi di potere, l'indifferenza della società e il ruolo della memoria storica.

 

Si muovono ai margini i disperati di Ascanio Celestini. Sono barboni, zingari, ladri, alcolizzati, prostitute, immigrati, lavoratori invisibili, ragazzini abbandonati. E a loro è dedicata la trilogia dei Poveri Cristi, composta dagli spettacoli LAIKA, PUEBLO E RUMBA, che Celestini porta in scena ai Cantieri Teatrali Koreja dal 7 al 9 marzo 2025

Il valore del teatro di Celestini risiede nella sua capacità di coinvolgere il pubblico in un'esperienza intima e collettiva allo stesso tempo con leggerezza e profondità.

Non è solo un attore, ma un cantastorie moderno che riesce a far emergere la poesia e la forza delle piccole vicende quotidiane.

Ma, soprattutto, il suo teatro è un atto politico: senza essere mai didascalico o retorico, Celestini ci invita a guardare la realtà con occhi diversi, a mettere in discussione ciò che diamo per scontato e a riscoprire il valore della partecipazione e dell’impegno civile. In un’epoca in cui la velocità e la superficialità spesso dominano la comunicazione, il suo teatro rappresenta un raro spazio di ascolto e riflessione, un momento in cui il racconto diventa strumento di resistenza e di cambiamento.

 

 

Venerdì 7 marzo alle ore 20.45 si parte con LAIKA, primo spettacolo della trilogia che ha visto il suo debutto al Romaeuropa Festival nel 2015. Cosa farebbe e cosa penserebbe Gesù se tornasse sulla Terra? Vive tra gli uomini, in un monolocale di periferia, non per salvarli o per redimerli, ma solo per osservarli. Proprio per questo è cieco e a raccontargli quello spicchio di mondo è un apostolo, Pietro.

Dalla sua finestra si vede il parcheggio di un supermercato e il barbone che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme tra i cartoni. Pietro passa gran parte del tempo fuori di casa ad operare concretamente nel mondo: fa la spesa, compra pezzi di ricambio per riparare lo scaldabagno, si arrangia a fare piccoli lavori saltuari per guadagnare qualcosa. Se quel povero cristo fosse davvero Gesù potrebbe raccontarci quale strada ha imboccato l’umanità e verso quale fine del mondo s’è messa in viaggio.

Accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei, capace di evocare atmosfere popolari e raffinate, con la sua carica di energia scenica, Celestini narra di come il crollo delle ideologie stia erodendo anche le religioni, osservandole attraverso gli occhi senza vista di un povero Cristo. Laika è un piazzale nel quale si incontrano la fatica e l’umiliazione del lavoro, la rabbia e la solidarietà di chi non ha nulla da perdere e per questo riesce ad alzare la testa.

 

Sabato 8 marzo ore 20.45 secondo capitolo della trilogia, PUEBLO ci porta nella terra di nessuno, di chi (soprav)vive al limite estremo della società, in una periferia che è la periferia di una città, ma anche di una nazione.

La periferia dell’informazione, la chiama Celestini, quella delle persone di cui i media si occupano solo quando la loro vita si trasforma in notizia da cronaca nera. Il paesaggio urbano e umano è disarmante: il supermercato, il magazzino, la sala giochi, le strade asfaltate, i palazzoni, i marciapiedi bagnati di pioggia. C’è la giovane donna chiusa in casa con la madre; la barbona che vive nel gabbiotto del custode del parcheggio; lo zingaro di otto anni che fuma le sigarette; il facchino africano malato di videopoker; la barista che guadagna con le slot machine. Sono gli scarti di un’umanità che procede veloce e indifferente. Sono gli indiani della riserva (Che fine hanno fatto gli indiani Pueblo? è il titolo dello studio dal quale ha preso forma lo spettacolo) dei cui destini non importa a nessuno.

Accompagnato dalle musiche originali composte da Gianluca Casadei, Celestini invita lo spettatore a identificarsi con i suoi protagonisti: personaggi che, al di là della loro particolare condizione sociale, come tutti noi, affrontano la propria condizione di esseri umani.

 

 

Domenica 9 marzo ore 18.30 in scena RUMBA. L'asino e il bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato, terza parte della trilogia.

Francesco si chiama Giovanni. Nasce da una madre francese quando il padre è in Francia a vendere stoffe pregiate. Vorrebbe diventare cavaliere, va in guerra, ma finisce in galera. Quando esce dal carcere deve ricostruire le case dei nobili che il popolo ha cacciato da Assisi e impara a fare il muratore. Così diventa il santo che impara a ricostruire la Chiesa di Dio in terra. Un uomo contro corrente che, pur essendo ricco, sceglie non solo di essere povero, ma di farsi servo dei poveri. Un cavaliere che non vuole più fare la guerra e che, da frate, in tempo di crociate, si recò in Terra Santa predicando la pace e la fratellanza.

Ma perché Francesco ci affascina ancora dopo otto secoli? E dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?

E se Francesco fosse nato nel 1982 invece che ne nel 1182? Quale presepio farebbe tra i cassonetti dell’immondizia? In scena Ascanio Celestini accompagnato dalla fisarmonica di Gianluca Casadei.

 


Pubblicato il 06/03/2025


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